Senso profondo del nostro viaggio,

itinerario interminabile e suggestivo della fede.

Speranza in ogni dolore,

insieme a Maria, canti d’amore.

Salmi pregati insieme nell’attesa, salmi di ascesa…

 

Ancora oggi la Chiesa prega con i salmi ascensionali per ripercorrere spiritualmente le strade dei pellegrini ebrei e delle comunità giudaico-cristiane. Questi componimenti esprimono talvolta in forma poetica, la fede intima e profonda di un popolo che anela e sperimenta un senso di pace al riparo da ogni turbamento, un gusto della felicità nel sentirsi un cuor solo e un’anima sola, in Dio. Si presentano come preghiera che modula i pensieri, i sentimenti e gli atteggiamenti dell’uomo in viaggio verso il luogo “sopraelevato” di Gerusalemme, che oggi si sovrappone a tanti altri luoghi che richiamano il desiderio della Gerusalemme celeste. Anche al nostro Santuario….

Non era facile affrontare un viaggio nelle condizioni di pericolo a cui ogni viandante si esponeva ed è per questo che tra i versetti di quei salmi, troviamo anche espressioni di incoraggiamento al pensiero di un Dio custode del cammino di chi lo cerca con cuore sincero e desidera raggiungerlo “nella sua casa”. Il pellegrino di Gerusalemme temeva i nemici, ma riusciva a sollevarsi ad una dimensione superiore di serenità per il distacco dagli affanni quotidiani e una maggiore capacità di introspezione delle sue vicende interiori e del cammino dell’intero popolo; una maggiore consapevolezza della sua identità e della sua missione in relazione a Dio e al suo volere salvifico. La confidenza del De profundis, (Sal 129) appartenente ai canti dei pellegrini, è una voce che continua ad innalzarsi a Dio per tutti dal profondo dell’anima; un’invocazione accorata di perdono, una immensa fiducia, una speranza incrollabile che permette al richiedente di risollevarsi dall’abisso di miserie e di pene… caratteri tipici della preghiera di quel tempo, che ancora oggi recitiamo o cantiamo con lo stesso intento di interiorizzare le esperienze di cammino con il Signore attraverso le vicende della vita. I pellegrinaggi erano momenti di grande gioia e fraternità, occasioni per riconoscersi legati da esperienze e destino comuni e quindi chiamati a vivere insieme, ad aiutarsi, ad essere uniti, accomunati dalla ricerca ansiosa del volto del Signore, il Dio della salvezza che mostra la via, guida sul retto cammino, dona certezza di contemplare un giorno la sua bontà. Era un’occasione per incoraggiarsi a vicenda ad essere forti, riprendere coraggio, rinfrancare il cuore e sperare nel Signore (cf. Sal 26). Sullo sfondo dell’esperienza ebraica, vediamo sempre l’esodo e l’esilio, i momenti più forti della loro storia: nella preghiera e attraverso di essa, avviene il passaggio fondamentale dall’io al noi e della gioia della fraternizzazione che avviene nel viaggio e si consolida con l’arrivo a Gerusalemme, nel tempio che è luogo privilegiato di incontro con Dio.