Maria Addolorata, Signora del Cerreto,

Signora di questo luogo che il Signore ha riservato per Sé,

Signora che visiti questa terra perché ti appartenga sempre più

E sia resa feconda dalle tue e nostre lacrime,

ma anche dai nostri sorrisi per le meraviglie che il Signore opera in noi

e attraverso di noi,

concedici di sperimentare ancora

le profondità della Misericordia divina

 

La gioia di vivere l’esperienza straordinaria di ingresso nel tempio dove dimora Dio, insieme ai suoi fratelli accompagna ogni tratto di cammino; non si può trascurare l’aspetto comunitario che amplifica naturalmente il dono che ognuno riceve dal Signore, facendo sentire ancora più viva la sua Presenza. E’ il processo di maturazione dell’appartenenza a Dio come popolo per lo sviluppo di una benefica corresponsabilità a vantaggio del singolo e dell’intera nazione. Dalla contemplazione della bellezza di Gerusalemme che richiama la bellezza perfetta di Dio, o del Santuario, nel nostro caso, che richiama la stessa perfezione e bellezza che accoglie, consola, trasforma e assorbe in sé chi la contempla, nasce spontanea la preghiera per la pace che custodisce ogni cosa. I piedi del pellegrino si fermavano alle porte della città, dopo aver attraversato la valle del Giordano, il deserto di Giuda e aver raggiunto la vetta del Monte degli ulivi. I nostri… si fermano in prossimità del luogo che ci aspetta per essere visitato e per “visitarci interiormente” attraverso la preghiera e i sacramenti, dopo aver attraversato il Giordano da persone riconciliate, il deserto quaresimale delle tentazioni superate e dell’essenzialità della vita, con una rinnovata consapevolezza di cosa ci allontana da Dio e cosa a Lui ci avvicina. Nell’agitarsi della popolazione, organizzata strutturalmente per custodire il tesoro prezioso ereditato, attraverso la pace e la compattezza, i pellegrini percepivano la minaccia dell’ingiustizia che espone alla discordia e invocavano la pace con la forza dell’unione di voci e di intenti, sulla “Città della pace”.

Il pellegrino che sente il peso dell’oppressione riesce, con i suoi compagni di cammino, a trasformare il dolore in preghiera e a levare lo sguardo a Dio senza timore di essere scrutato dal Padre a cui si rivolge.

Il pellegrinaggio è il tempo della grazia nel quale Dio offre la sua misericordia: è tempo di forte rinnovamento della preghiera: un popolo può trasformare in preghiera le sue esperienze e le ripresenta a Dio camminando senza sosta verso la Sua dimora. Il filo conduttore del colloquio con Dio è che il nostro aiuto è nel nome del Signore, una consapevolezza conquistata nella sofferenza: impossibile uscire dall’angoscia della piccolezza ed impotenza umane che espongono alla disperazione, alla schiavitù, all’ingiustizia, alla violenza, alla fame, alla malattia, alla paura. L’uomo può essere travolto da un’ondata improvvisa e non avere scampo, senza l’intervento di Dio. Chi ha fede è uno scampato vivo (cf. sal 24): “Io sarò con te” dice il Signore a Mosè e a tutti i figli dei profeti…(Es 3, 14). Il Monte Sion, altura divina, è la base su cui poggia il Tempio; immagine di solidità e stabilità che descrive al tempo stesso il cuore del pellegrino fedele, fiducioso, retto di fronte ad una ambivalenza che disorienta e avvilisce, ad una oppressione che è anche strumentalizzazione del sacro da parte di chi governa (cf. Sal 125).