Cuori lontani, assopiti, distratti…
Stranieri alla speranza.
Alla povertà abitata da infinita, eterna ricchezza.
Non sentono amore, ma solitudine d’abisso.
Mani tese, sguardi incrociati, orecchie aperte, ed ecco, una vita riprende…
Lacrime versate per questi cuori?
Lacrime versate con questi cuori!
Carceri visitate?
Soglie di carceri varcate!
Vergine Maria, che varchi le soglie dell’Eterna pace,
resa tu stessa Porta del Cielo,
prima accolto poi ritrovato,
che versi ancora lacrime e riversi amore materno universale,
concedici così di piangere e amare…
Il nostro cammino riprende da quella nuvoletta lasciata all’orizzonte; la nuvoletta vaporizzata tratta dalle acque agitate del mare, agitate dalle inquietudini di una natura corrotta dal peccato, intorpidite da frammenti di roccia sgretolata e trasportata dalle correnti, depositata sulla terra a volte ostile nella quale corpi pesanti affondano…
Salvami dal fango, che io non affondi, grida per tutti noi il salmista. Sal 68
E sia; un raggio di luce divina raggiunge il cuore implorante e prima che l’orizzonte si manifesti luminoso nella sua immensità, la fiamma della speranza si riaccende e comincia a riscaldare i pensieri e i desideri congelati dalle paure; si ravvivi il cuore di chi cerca Dio, poiché il Signore ascolta i poveri e non disprezza i suoi che sono prigionieri. Sal 68
La nuvoletta si fa porta; porta del Cielo, attraverso cui passa quella luce. Porta del Cielo, Janua Coeli; con questo nome qui, dove Maria è apparsa Addolorata, la comunità carmelitana la invoca e la sceglie ogni giorno come Patrona. E in questa apertura del Cielo verso la nostra terra, in una preghiera di intercessione costante, la ricerca del bene da ricevere e offrire non si arresta. E ci si chiede… come “traboccare” secondo le indicazioni della Vergine? Come invitare altri nel cammino di ricerca continua di questo Bene infinito?
Come può un cuore lontano dal bene o assopito o distratto, ravvivare la ricerca di un bene maggiore, riconoscere con speranza e sapienza una povertà ontologica abitata da un’Infinita ed eterna ricchezza, riconoscere una fragilità che lo rende prigioniero… come può uscire da pregiudizi e giudizi, sperimentare di essere amato sopra ogni cosa da Colui che lo ha creato? Tanto spesso nella solitudine si consumano drammi interiori indescrivibili… trovare una mano tesa, incrociare uno sguardo amico e un orecchio aperto, può salvare la vita… Dio si è reso povero per renderci partecipi della sua ricchezza; una povertà che è donazione integrale di Sé, ed è questa la povertà che abbiamo professato, la povertà che il cristiano è chiamato a far sua nelle forme corrispondenti allo stato di vita. Povertà, donazione di se stessi ad altri poveri; condivisione, donazione che è in se stessa ricchezza. Ascoltiamo nuovamente le parole della Vergine Addolorata, rivolte alla nostra compagna di viaggio, la pastorella Veronica, e a tutti noi in un tempo “senza epoca”; “Aiutami a piangere”. Aiutami a piangere significa certo, pregare per i peccatori soffrendo per loro, ma soprattutto CON loro. Entrare nelle carceri, superare le sbarre che difendono spazi angusti in cui i desideri si spengono e le false sicurezze rivestono pareti conosciute e squallide che diventano specchi dello squallore di una vita resa non utile, chiamata a tutt’altro, però. Come ravvivare la consapevolezza della preziosità del tempo, di un quotidiano fatto di tante piccole cose… prezioso perché in esso Dio ama e può essere riamato?
Il Signore si è affacciato dall’alto del suo santuario, dal cielo ha guardato la terra per ascoltare il gemito del prigioniero, per liberare i condannati a morte. Perché sia annunziato in Sion il nome del Signore (Sal 101). Lo dice chi lo ha visto; con gli occhi del cuore. Chi lo ha sentito; con il cuore attento… E chi ha vissuto questa esperienza risponde; Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia di essere salvato, sostieni in me un animo generoso. Insegnerò agli erranti le tue vie e i peccatori a te ritorneranno (Sal 50). E si delinea la Missione…
Entriamo nel mondo dei simboli in modo più deciso, per osservare tutte le cose che la costituiscono e osservarle nel loro “oltre”. Osservarle nella loro identità e osservare con il cuore ciò che esse richiamano, lasciandole evocare in noi ricordi e immagini superiori alla storia e parte intima della stessa. Così riusciremo a leggere con più attenzione e profondità ciò che in questo luogo è scintilla di opere amabili che il Signore compie. Scintille mariane, scintille carmelitane radicate in una terra fertile, da lavorare insieme, perché la spiritualità in essa seminata germogli e divenga rigogliosa dentro e fuori di noi.