A quali poveri
Porterò il lieto annunzio?
Voci carmelitane
Che descrivono piaghe
Di cuori spezzati e curati
Che annunciano libertà e misericordia.
Prendendo in prestito le parole del profeta Isaia (cfr. cap. 61, 1-2) proclamiamo anche noi l’anno di misericordia del Signore; un anno che si rinnova ogni 365 giorni nel vissuto di ognuno di noi. Nuovi contenuti arricchiscono la nostra storia di salvezza, storia di persone generate nella colpa, chiamate alla sincerità del cuore, all’attenzione intima rivolta agli insegnamenti sapienti che purificano pensieri e azioni, restituiscono gioia e aprono alla generosità e al desiderio di insegnare a nostra volta le vie agli erranti. (Cfr sal 50)
Abbiamo già meditato a lungo il carattere carmelitano di instancabile ricerca del volto di Dio per comunicare la sua Presenza con una vita che attende nella speranza e assapora in anticipo la consolazione di una bellezza che vive in profondità… nella meditazione della Parola e nella preghiera che si attualizza come accoglienza e accompagnamento del prossimo, camminandogli al fianco, prendendosene cura. Protese alla liberazione dei cuori partendo dal nostro e dei luoghi in cui siamo chiamate a vivere, fin dalle prime ore del giorno, quando la nostra preghiera precede il levarsi del sole e assume quasi il carattere di veglia incessante sul riposo e sulla fatica di tanti, cerchiamo di custodire con impegno il luogo che è terra santa a noi affidata. Una missione che si fa intercessione e che diviene comunicazione incessante con il Cielo e con la terra, con voce di supplica, di lode, di ringraziamento, per giovare al prossimo, edificarlo nell’annuncio della Parola incarnata, nell’esperienza della riconciliazione, nella guida del consiglio. Elaborando il nucleo profondo della nostra Regola, speriamo di edificare convivenze fraterne passando per un deserto che si trasforma gradualmente in luogo verdeggiante in cui sgorgano sorgenti d’acqua che offrano ristoro in Dio.
Raccontiamo la storia di un cuore affaticato e prigioniero, che ha trovato in questo fazzoletto di terra santa il ristoro che cercava… La prima volta varcò la soglia del santuario senza attenzione; si presentava come un luogo troppo in ombra per i suoi occhi, ma raccolto, apprezzabile per un silenzio avvolgente. Non era sola e non riuscì a trattenersi nemmeno un istante per una preghiera, per ascoltare quel silenzio e in esso ascoltarsi. Passarono gli anni, ebbe occasione di tornare; gli eventi che si erano susseguiti avevano maturato pensieri ed esperienze. Il silenzio di quel luogo era rimasto avvolgente, quasi in attesa di essere goduto così come si era presentato la prima volta. Varcata la soglia in solitudine, non riusciva però a rallentare il battito del suo cuore in allerta; la stessa del prigioniero che evade dal carcere e teme di essere scoperto, di essere inseguito e reso nuovamente schiavo di quegli spazi angusti. In piena crisi, tra i banchi del santuario, quasi all’improvviso quel silenzio suggerì il nome alla realtà che stava vivendo. Ella provò lo smarrimento del lutto, provocato da un cambiamento troppo grande… “Sono io?” diceva tra sé. “Sono ancora io? Sì… mi riconosco ma al tempo stesso, guardando alcune cose di me, mi smarrisco. Tratti permanenti eppur nuovi mi appartengono… Cosa mi accade?”. Una nuova e profonda sintesi di sé, stava aprendo la sua mente a nuovi percorsi, nuovi progetti; il silenzio si fece voce di donna in procinto di un parto, una nuova nascita, una identità più definita, una vocazione, un… senso. L’odore del carcere era sempre più rarefatto e il significato delle strade percorse, sempre più chiaro. La voce di donna continuava ad accompagnare i pensieri in modo quasi impercettibile; sembrava a volte rotta dal pianto al pensiero che quel significato colto come un lampo, potesse svanire. E il suo cuore cominciò a riorganizzarsi. Come la Pasqua celebrata dopo l’oppressione faraonica o il ritorno in patria dopo l’esilio babilonese o ancora e soprattutto, la risurrezione di Cristo dopo la crocifissione. La voce di donna lasciò il posto alla voce di un uomo; il sussurro divenne un incoraggiamento a perseguire gli obiettivi del Regno di Dio, nonostante tutti i fallimenti, tutti gli imprevisti, tutti i limiti… anzi, attraverso tutto questo. Quella che sembrava essere una perdita di forza, preparava nuove risorse vitali. Nulla si era perso, tutto era integrato in un nuovo tratto di pellegrinaggio che si apriva davanti a lei. Ed ella fu libera di amare.