Tra gli scaffali ho ritrovato un libro a me caro, intitolato “Parole amiche”. Si tratta di una raccolta di articoli scritti in trent’anni da un missionario del PIME, P. Mauro Mezzadonna, che ho conosciuto personalmente. Sfogliandone le pagine, un articolo ha attirato la mia attenzione: “Autunno che fa fiorire”. Mi ha incuriosito la possibilità di raccogliere un “fiore” di stagione. Riporto alcune frasi. “Siamo in autunno, alle soglie dell’inverno ed anche il clima aiuta a concentrarci dopo la dispersione estiva. Ora sentiamo più facilmente la nostra provvisorietà; il senso del dolore universale ci sfugge meno: quel qualcosa di misterioso che in noi continua a dire in mille modi sommessi che non siamo per la morte ma per la vita, per l’eterno, si fa più acuto, diventa quasi un grido. Forse noi non siamo tra quelli ai quali occorre un autunno di stagione, di vita, del mondo per godere del dono di una nuova dimensione delle cose, quella cristiana” (Missionari del PIME – Novembre 1975). Possiamo domandarcelo: possediamo da sempre questa dimensione e riusciamo a farne ricchezza meravigliosa per noi e per altri oppure no? Come viviamo la nostra provvisorietà? Siamo in grado di far fiorire noi e gli altri rendendo sempre favorevole il clima? Viviamo l’oltre nella speranza che è certezza di poter vivere una piena comunione con e in Dio? Certamente tale capacità ci è stata donata, possiamo verificare se abbiamo saputo custodirla e renderla feconda negli anni. Nell’articolo è riportata la testimonianza di un uomo paralizzato che ha imparato a farsi prossimo di tutti offrendo le sue sofferenze e preghiere. Prossimo di tutti in una situazione di malattia e solitudine. Quando rileggiamo e meditiamo la descrizione evangelica del giudizio universale, probabilmente cerchiamo anche di valutare più seriamente la nostra vita. Vediamo il Figlio dell’uomo venire nella gloria, tutte le genti radunate davanti a Lui e la separazione del popolo in pecore e capri. Questa pagina del vangelo si chiude con l’emissione della sentenza irrevocabile: i maledetti andranno al supplizio, i giusti alla vita eterna. Cristo si manifesta pienamente e chiama “suoi”, cioè alla “sua” destra coloro che vede “somiglianti” a Lui, a qualunque nazione essi appartengano. Sono accolti come coloro che hanno saputo scegliere la parte migliore della vita: la circolarità del dono, nel senso più vero e profondo del termine, ovvero, dono di sé stessi nel servizio. “Ciò che si è fatto ogni giorno, perfino nelle circostanze minime, ha ora valore eterno” (B.Secondin-A.Augruso, Bagliori di luce). Cristo certifica ciò che l’uomo ha cercato di separare nel corso della sua vita. L’uomo teso al bene, cerca costantemente e non senza fatica, di separarsi dai richiami dell’egoismo, della negligenza, dell’accidia, di tutto ciò che gradualmente prostra l’uomo togliendogli dignità, bellezza, somiglianza a Cristo. Cura il suo semino, lo fa germogliare e fiorire e rende visibile bellezza, colori, profumo di quel fiore, per la gioia di tutti, in tutte le stagioni. Ci prova e confida nella grazia che sostiene il cammino di santità, di “separazione”, quella di coloro che vivono nel mondo ma non sono del mondo e cercano di anticipare piuttosto il Regno, dove giustizia, pace e amore restano gli infiniti ed eterni legami tra fratelli. Sono scelte piccole, spesso invisibili, che cambiano mentalità e prospettive e trasformano persone provate nella loro fragilità, in scaglie di cielo luminoso. C’è poi la circolarità di “posto”: “Nel bisogno dell’altro sta la mia forma di servire, non nella mia volontà di fare delle opere buone di tanto in tanto”. (Id.) Il bisogno del povero, del malato o comunque di chi vive qualunque tipo di disagio che non gli permette di restare con gli altri in cordata, se soddisfatto, annulla primi e ultimi posti e restituisce la perfezione del cerchio in cui è inserito con la possibilità di fissare contemporaneamente il Centro e il fratello che si trova di fronte a lui. Chi invece separa i suoi beni, la sua vita, il suo florido orto, il suo tempo, la sua attenzione, già in vita si deforma in capro, segnando il suo percorso. Nulla è impossibile a Dio, ma chi è abituato a separarsi da Lui in ogni evento e in ogni incontro della vita, potrebbe non riconoscere e accogliere la Sua misericordia. Cosa fiorirà nel nostro autunno?

Sr M. Daniela del Buon Pastore, O.Carm.