Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole… gli uomini dissero: facciamoci un nome per non disperderci su tutta la terra. Cfr Gn 11,1. 5. Una dispersione dunque percepita negativa, ingestibile. C’è qualcosa di familiare in questa citazione biblica, cerchiamo di comprenderne il motivo: è l’inizio del racconto che descrive l’insana coesione degli uomini per costruire una torre che potesse raggiungere il cielo, abitanti di una città chiamata Babele, tutti intenti ad un’unica grande e presuntuosa impresa. Per loro non esisteva altro che la realizzazione di questo progetto. Senza diversità di idee e servizi, senza molteplicità che arricchiscono una visione, una prospettiva, un dialogo di comunione. Un Midràsh ebraico – ovvero un metodo di interpretazione creativa della Scrittura per esplorarne il senso profondo, l’insegnamento da attualizzare – spiega che gli uomini di Babele, per disposizione di un valente cacciatore divenuto uomo di potere, Nimrod, scavarono una voragine per piantarvi pali altissimi su cui poggiare mattoni grandi quanto un essere umano, mattoni su cui era inciso il nome di chi lo deponeva. Una sorta di firma, di impegno irreversibile che pure determinasse la memoria vanagloriosa “dell’esserci stato”. I ritmi di lavoro erano frenetici, non c’era sosta nemmeno per le donne in gravidanza, cui era concesso, dopo il parto, solamente il tempo di tagliare il cordone ombelicale per poi riprendere il lavoro di costruzione dei mattoni, con il bimbo legato al collo. Gli angeli, osservando questa insensata fatica degli uomini, chiesero l’intervento di Dio, ma Egli rispose che sarebbe stato tutto inutile, eccetto il “far progredire rapidamente l’impresa per affrettare il momento della comprensione”. L’equivalente dell’espressione: “bisogna che ci sbattano la testa!”.
Questa catena di montaggio, imponeva fatiche sempre più grandi per evitare inceppamenti, giacché la torre cresceva in altezza e il trasporto dei mattoni era sempre più difficoltoso per il lungo tragitto da percorrere. Quando ormai la costruzione stava per raggiungere l’apice, occorreva un anno per arrivare in cima e un anno per tornare giù. Nessuno provava compassione per gli uomini che nel tragitto riportavano ferite, mentre si provava disperato dolore quando si rompevano i mattoni durante il trasporto, poiché l’incidente costituiva una perdita di tempo per la conclusione del progetto. A quel punto Dio intervenne dicendo: Li ho lasciati fare perché non si uccidevano a vicenda, ma questa pace che vivono, poiché sono intenti ad un’unica impresa, ha tolto valore alla vita umana. “Venite, miei angeli, scendiamo tra questi sciocchi, confondiamo le loro lingue e costringiamoli a pensare”.
Certo, sembra di leggere la pagina di un quotidiano: quante vicende catalizzano la nostra attenzione mortificando le prospettive, la solidarietà, la relazione, il dialogo. Sperimentiamo anche noi il disagio della pace apparente, sterile, artificiale. Fa pensare anche l’intiepidirsi fino a svanire della confidenza gioiosa in Colui che ci dona l’esistenza: un tempo prezioso per cercare e scoprire tutte le sfumature dell’Amore che ci ha creato e che aspetta di essere assaporato pienamente dopo averlo sperimentato in tutte le forme di amore terreno. Quelle forme sono piccoli mattoni per costruire la casa fondata sulla roccia che diventa dimora di Dio sulla terra perché noi diveniamo abitatori del cielo. Oggi, il cielo si piegherà verso la terra per confondere le lingue oppure per dimorare nelle case di roccia? Quando il Signore verrà, troverà ancora fede sulla terra? E il fuoco dell’amore acceso con la sua venuta? Certamente, queste sono domande che attraversano la storia in tutte le pagine più oscure che l’uomo ha scritto. L’espressione “non temere”, ripetuta 365 volte nella Sacra Scrittura, deve ricordarci che a fianco e dentro alla ricerca e la lotta per un bene comune e maggiore per ben altre coesioni rispetto a quella vissuta in Babele, ci sono valori incrollabili e la capacità di affidare la propria vita ad un Dio che ama e salva. Speriamo di non dimenticarlo mai.

Sr M. Daniela Del buon Pastore, O.Carm.