Il 19 febbraio, inizieremo questo piccolo itinerario di spiritualità come preparazione alla celebrazione del trentesimo di fondazione del nostro Monastero. Cercheremo di condividere una sintesi delle riflessioni che ogni mese orienteranno i nostri passi per accogliere più profondamente la novità di vita che il Signore sempre offre a tutti noi. Come ricordava recentemente alla Comunità P. Giampiero Molinari, confratello coinvolto nel percorso, celebrare un anniversario non significa, ovviamente, intraprendere una semplice attività “archeologica” quanto piuttosto ritornare alle sorgenti, rivisitare con animo grato il cammino compiuto, riscoprire quei valori che all’inizio della fondazione sono stati collocati come luci e pietre angolari. Uno sguardo al passato per gioire dei doni ricevuti e per imparare dagli errori commessi, uno al presente per verificare cosa abbiamo elaborato nel tempo e quali pietre ci hanno permesso di edificare relazioni di vita. Alcuni di questi valori ci vengono richiamati dal Santuario edificato in questo luogo e dedicato alla Beata Vergine Addolorata, uno spazio sacro che ci parla tuttora della presenza materna di Maria nei confronti dei discepoli del Figlio suo. Lei, Madre della Chiesa, continua ad invitarci a vivere il “ministero” dell’intercessione e della consolazione verso i fratelli e le sorelle che il Signore pone sul nostro cammino. Una missione che “rinasce” nell’accoglienza reciproca, nel cambiamento dei cuori. Non è nel piano di Dio restare quelli che siamo: il cambiamento che Egli attende e che si realizza con la sua grazia, riguarda la nostra natura, la nostra mentalità, la nostra visione delle cose; per imparare a guardare tutto con i Suoi occhi. La clausura è “un luogo da cui si può annunziare che Dio ama con affetto perenne l’umanità, offrendone gli aneliti nella lode e nell’adorazione, nella supplica e nell’azione di grazie” (Cfr Ratio Institutionis Vitae Carmelitanae Monialium n. 38). Annunziare con la vita.
Non è forse questa la partecipazione che la Madre Addolorata attende da noi con il suo “aiutami a piangere”? Il fondamento spirituale, la posa della prima pietra sopra quella angolare che è Cristo? Proviamo a leggere ancora una volta questo processo umano e spirituale attraverso l’esperienza dei nostri Santi. P. Giampiero ci suggeriva di far memoria di un particolare episodio della vita di S.Teresa di Gesù Bambino. Si tratta della “grazia del Crocifisso”, che descrive una chiara consapevolezza di Teresa circa la partecipazione al mistero della Redenzione. Una domenica, guardando una fotografia di Nostro Signore in Croce, fui colpita dal sangue che cadeva da una delle sue mani Divine: provai un grande dolore pensando che quel sangue cadeva a terra senza che nessuno si desse premura di raccoglierlo, e decisi di tenermi in spirito ai piedi della Croce per ricevere la rugiada Divina che ne sgorgava, comprendendo che avrei dovuto, in seguito, spargerla sulle anime… Anche il grido di Gesù sulla Croce mi riecheggiava continuamente nel cuore: “Ho sete!”. Queste parole accendevano in me un ardore sconosciuto e vivissimo. Volevo dar da bere al mio Amato e io stessa mi sentivo divorata dalla sete delle anime… (Ms A 45v). Sete di conversione all’Amore…
Teresa sente “la carità entrarle nel cuore”; una carità conosciuta, ma prima di allora, non vissuta profondamente. Il suo sguardo da quel momento è cambiato, il suo cuore si è squarciato e ha cominciato a consumarsi per i fratelli. Questo le ha permesso di superare i limiti e le fatiche del cammino e nel silenzio e nascondimento della sua vita, di essere strumento di Dio per la conversione di tante anime, così come desiderava. Teresa raccoglieva il sangue colante dal Crocifisso, simbolo di un amore donato che non può essere sprecato. Noi siamo chiamate a raccogliere le lacrime della Madre, figlie della rugiada Divina, simbolo di un amore sofferto proprio perché l’amore del Figlio ancora non è compreso, ancora è ignorato, rifiutato.
Sr M. Daniela Del Buon Pastore, O.Carm.