Sospendiamo le riflessioni in preparazione al nostro 30° di Fondazione per leggere insieme alcuni eventi che interpellano tutto il mondo su questioni fondamentali. Proviamo a farlo mettendoci dalla parte dei bambini. Prima di tutto, i pazienti oncologici ricoverati in una casa di accoglienza a Kiev. Siamo tutti in pericolo, ma loro ne hanno piena coscienza: i rumori delle esplosioni, il frastuono di una tensione crescente, il timore di perdere la vita in modo violento, più violento della malattia che li consuma. Più atroce delle cure e dei loro effetti su corpi fragili e debilitati. Costretti a lasciare il luogo che dava loro un minimo di conforto nell’attenzione di medici e volontari. I più innocenti, i bambini malati. In tempo di carestia – e noi siamo in piena carestia di valori – il profeta Eliseo chiese ad un ragazzo di raccogliere frutti dal campo per farne una minestra. Il ragazzo, non conoscendo i frutti di quella terra, raccolse piante velenose: Si versò da mangiare agli uomini, che appena assaggiata la minestra gridarono: «Nella pentola c’è la morte, uomo di Dio!». Allora Eliseo ordinò: «Portatemi della farina». Versatala nella pentola, disse: «Danne da mangiare alla gente». Non c’era più nulla di cattivo nella pentola. (Cfr 2Re 4,41). Come il profeta, siamo chiamati a gettare farina nella pentola: Dio realizza cose meravigliose nella storia e attende di farlo attraverso la nostra preghiera e la nostra operosità ispirata da essa. Non possiamo dubitarne. Ci giungono notizie dirette da un luogo di missione carmelitana: una cronaca lacerante che ci spinge ad essere presenti più che mai con la nostra preghiera. Ancora massacri di innocenti al villaggio Scieri-Abelkozo, nella provincia di Ituri della Repubblica Democratica del Congo. Come carmelitani siamo presenti in quel territorio da decenni: terra fertile, che genera vita anche nelle situazioni di prova più aspra, tra gente che si accontenta di poco, immersa in ricchezze inestimabili e ambite, che sorride alla vita soprattutto attraverso la gioia dei bambini, trascinati da una speciale curiosità e dai desideri più genuini. Lì, in quel cuore pulsante di vita, continuano e si acuiscono spargimenti di sangue. I nostri frati offrono il loro servizio e ricevono espressioni edificanti di gioia, gratitudine, solidarietà. L’oro più splendente di quella regione è nelle persone del luogo: le miniere inesplorate dei loro cuori così vitali oggi sono devastate. Quello che sappiamo è che i bambini sono martoriati e uccisi in prossimità delle miniere per terrorizzare la popolazione e costringerla ad evacuare la zona. E noi, cosa possiamo fare noi? Si moltiplicano situazioni di sfruttamento e di violenza. Il mondo è in fiamme, potremmo dire con S. Teresa della Croce, Edith Stein, che dal silenzio del suo monastero, in piena persecuzione nazista, faceva risuonare proprio questo grido come un richiamo alla responsabilità di ognuno nell’edificazione di un mondo migliore: “Il mondo è in fiamme: desideri spegnerle? Contempla la Croce: rendi il tuo cuore libero e aperto, allora si potranno riversare in esso i flutti dell’amore divino, si da farlo traboccare e renderlo fecondo fino ai confini della terra. Attraverso la potenza della croce, puoi essere presente su tutti i luoghi del dolore, ovunque ti porta la tua compassionevole carità, quella carità che attingi dal Cuore divino”. (Scritti spirituali) Il cuore di ognuno, a qualunque stato di vita appartenga, si rende aperto nella fedeltà, nell’attenzione al mistero di un Dio fatto uomo dei dolori che ben conosce il patire, che si fa carico delle nostre sofferenze, trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Le sue piaghe guariscono. In Lui, tanti innocenti, sono eliminati dalla terra dei viventi. (Cfr Is 53, 3-5) La sofferenza di Cristo sulla croce ha dato un senso nuovo alla sofferenza trasformandola dal di dentro: ogni sofferenza umana, ogni dolore racchiude in sé una promessa di salvezza. Il male nel mondo, risvegli in noi l’amore.
Sr M. Daniela del Buon Pastore, O.Carm.