- Nicola Sozzi, O.Carm., proseguendo la sua riflessione sul tema proposto dalla Comunità, si è soffermato particolarmente sull’esperienza straziante di un affetto “trafugato”, di un amato portato via. Un lutto che sembra inconsolabile. Abbiamo rivissuto insieme la notte del disorientamento di allora e di tutti i tempi, l’oscurità del sepolcro e delle voragini di dolore. E abbiamo riletto ciò che accadde all’alba del primo giorno della settimana, intorno alla tomba vuota. Giovanni ha visto i segni e ha creduto, M. Maddalena ha visto il Signore, di cui ha riconosciuto la voce, e ha creduto, ha ricevuto consolazione. E abbiamo continuato a chiederci cosa riusciamo a vedere e a riconoscere noi oggi, nella nostra vita. Il mistero della risurrezione va ampliandosi con il racconto delle apparizioni di Gesù ai discepoli, tra incredulità e stupore. Nei tre sinottici il termine greco che indica il risorto, rimanda al risveglio. Giovanni invece non usa questa parola, indica piuttosto il risorto come colui che si rende visibile. Quindi, possiamo vederlo anche noi. La Passione del Signore è stata un evento violento, rapido e – come in uso presso i romani – spettacolarizzato per intimorire e demotivare i ribelli. La risurrezione invece è un evento unico e meraviglioso che si scopre nell’intimità di ricerca, di percezioni personali, di relazione con Dio. Lontano dagli sguardi, percepibile dal cuore. La spiritualità carmelitana è una spiritualità della notte, del vuoto, del sepolcro/cella, dell’alba del primo giorno che è tempo in cui l’attenzione ai piccoli segni quasi impercettibili del Risorto, cresce per divenire sempre più penetrante. E questa è esperienza che diviene missione. Gesù è venduto nuovamente, anche dopo la morte, quando alla testimonianza di alcuni soldati, i sommi sacerdoti elargiscono una somma di denaro affinché sia dichiarato il falso: il Vangelo ci dice che queste dicerie si sono divulgate nel tempo, fino ad oggi. E hanno un peso. Allora, crediamo davvero che Gesù sia risorto col corpo? Il Risorto si fa toccare e vedere, mangia pesce, un pezzo di cosmo entra nella Trinità: il Risorto appare e scompare, non ha lo stesso volto, i discepoli di Emmaus non lo riconoscono. La spiritualità della risurrezione è una spiritualità contemplativa: richiede silenzio per capire i movimenti dello Spirito. Nella cella monastica, “sepolcro”, luogo di morte al mondo, sfolgorano momenti che permettono di percepire la risurrezione di Gesù. Molte volte è nei momenti più tristi e dolorosi che percepiamo il Signore vivo, il Vivente. S.M.Maddalena de’ Pazzi descrive il monastero come il collegio apostolico, il cenacolo dove Gesù si manifesta risorto, un paradiso in terra. Oltre al silenzio della cella, la fraternità riunita nel Suo nome amplifica l’esperienza della risurrezione, anticipa la condizione che vivremo al cospetto di Dio con la schiera degli Angeli e dei Santi e sollecita alla comunione universale. Quando il risorto di manifesta agli uomini dona loro il saluto di pace, shalom; alle donne, le prime ad incontrarlo, consegna un saluto che è un consolante imperativo; kairete, rallegratevi, entrate e rimanete nella gioia, nella grazia, nell’amore. Ascoltiamo questo invito per entrare quasi in punta di piedi nel mistero di salvezza, per danzare ad un ritmo diverso. Il percorso di guarigione dalle ferite è graduale: il fuoco di un’esperienza viva parte come scintilla e diventa traboccante consolazione. Parole ripetute – Pietro mi ami tu? – cui fa eco l’impegno carmelitano di ascolto e meditazione della Parola giorno e notte, che in fondo si condensa in un’offerta e una risposta d’amore. Particelle incandescenti di esperienze sempre nuove, sprazzi di luce vivissima illuminano e riempiono: esperienze ripetute e condivise, diventano anch’esse pane spezzato insieme, segno e richiamo. Preghiamo perché i nostri volti possano risplendere come volti innamorati, le nostre voci come un canto perenne che annuncia vita nuova. Oltre la necessaria mortificazione. Oltre ogni aspettativa. Oltre.
Sr M.Daniela del Buon Pastore O.Carm.