Quante volte riusciamo a metterci in viaggio per raggiungere il luogo sacro del cuore? Ci riconosciamo pellegrini pieni di desiderio, invitati a percorrere vie spirituali sempre aperte? Forse abbiamo imparato davvero a raggiungere il nucleo più sacro di noi per un sano desiderio, anche in una situazione di privazione, di prova. O forse no. Alcuni pellegrini hanno ripreso a frequentare il nostro Santuario e volentieri condividono la speranza di sentire nuovamente un particolare abbraccio di Maria, sperimentato nel silenzio avvolgente di questo luogo. La prossimità consolante dell’Addolorata è profondamente materna e legata a quel bene crescente che è la conoscenza dell’amore del Figlio suo per tutti noi. Una scoperta che lungo la storia, continua a sorprenderci e a comunicare vita in ogni angolo di mondo, anche quello apparentemente più dimenticato. Maria sussurra molte cose all’orecchio degli oranti in sosta tra i banchi del nostro Santuario, provocando incolmabile nostalgia di cielo. Sono pellegrini che, ascoltando la voce di Maria, il suo potente messaggio per gli uomini di ogni tempo, hanno iniziato il viaggio interiore verso il Centro: e anche quando non riescono a raggiungere fisicamente il Santuario, si raccolgono in un delicato ricordo che sostiene la ricerca della verità di loro stessi, del bene che li abita e che attende di manifestarsi pienamente. Potremmo raccontare tante storie. Un giorno, un uomo timido e dimesso, varcando dopo anni la soglia della nostra chiesa, si è guardato intorno, stupito da una nuova e accogliente luminosità. Giunto al primo banco, concedendosi ancora qualche minuto per osservare i particolari della ristrutturazione, si è sentito guardato dalla nuova statua della Madonna, posta nella nicchia della cappella laterale che custodisce il luogo in cui l’Addolorata si inginocchiò a pregare: quasi lo attendesse da tempo. Chiusi gli occhi, accompagnato dai suoni di una natura sempre in accordo con i ritmi della preghiera personale e corale, con un filo di voce, ha cominciato a verbalizzare il suo moto interiore: “Maria, aiutami a perdonare! Tu chiedi a me l’aiuto per piangere gli effetti del peccato, io chiedo a te di aiutarmi a capire come posso perdonare, per poter amare veramente, per poter piangere con te. Lo so, perdonare è un’arte che ha processi lenti di sviluppo, che crea gradualmente armonia interiore, che sollecita coraggio e chiarezza nel riconoscere tutto quello che alberga nel cuore. Per perdonare occorre perdonarsi, lasciarsi curare, sapersi consegnare e mettersi in dialogo con altri uomini “malati”, feriti e ricercatori dello stesso bene. Anch’io ho da farmi perdonare. Dire ti perdono significa: tu vali molto più delle tue azioni (P. Ricoeur), e vorrei poterlo dire, poter restituire all’altro ciò che ha perso. Gesù con me lo ha fatto: tuo Figlio mi ha perdonato quando non sapevo quello che stavo facendo. Quando ho perduto la mia dignità. Voglio dar voce, o Maria, a quello che mi turba: sono triste e la rabbia in certi momenti mi consuma. Grido la mia angoscia, non voglio più nasconderla, la menzogna demolisce il luogo interiore e sacro in cui amo cercarti, dialogare con il Figlio tuo. Rabbia, tristezza e paura, lo ammetto, condizionano le mie scelte. Aiutami a perdonare: se rinuncio a perdonare, punisco me stesso, mi condanno all’infelicità. Il perdono occupa tutti gli spazi del vivere, senza identificarsi con nessuno di essi, perché suppone una visione della vita, dell’essere, all’insegna del gratuito. Il perdono dice di una originaria bontà dell’uomo, ricorda che il male non è la sua ultima parola proprio perché non ne costituiva nemmeno la prima…
Ci si può aprire alla dimensione del perdono solo se si è disposti a farsi carico della fatica di ripercorrere il filo narrativo della propria vita aprendosi a nuove possibilità.
(Cfr Giovanni Gucci, P come perdono, Cittadella editrice Assisi 2011). Io lo voglio, Maria: aiutami a ripercorrere la mia vita, la mia storia. Eccomi, sono tornato. Eccomi: abbracciami ancora”.
Sr M. Daniela del Buon Pastore, O.Carm.