Leggo una notizia dopo l’altra: tensioni tra Russia e Ucraina, spostamento di migliaia di soldati, migranti che muoiono di freddo ai confini, donne in aule separate negli atenei afgani che riaprono le porte, persone che ogni minuto muoiono di fame in Africa, sparatorie, contagi, tensioni politiche, onde di sdegno provocato dal mondo dello spettacolo. Poi apro la liturgia: “I miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli” Lc 2,30-31. Due mondi incompatibili? Apro anche un testo di spiritualità carmelitana e leggo ancora: “Il mistico non è colui che sta fuori dalla storia, ma è colui che vive la storia, ne porta il peso responsabilmente e cerca di conoscere sé stesso per giungere ad incontrare Dio nella profondità della propria vita. Dobbiamo uscire da noi stessi per appartenere a Dio, allora faremo esperienza del suo grande amore. Il frutto di questo grande amore ci farà diventare persone di umanità, più mature, più responsabili, più capaci di stare nel mondo col cuore di Dio”. (Titus Brandsma, O.Carm.) Come pacificare nell’unità il cuore che si sgretola? La preghiera, lievito misterioso, produce il suo frutto e sostiene il passaggio dalla rottura al consolidamento nella fede, dallo sdegno alla compassione, dalla separazione alla comunione. Cosa significa per noi oggi vivere la storia: certamente è urgente essere attenti, essere pienamente donne e uomini in cammino, alla ricerca del bene, dei segni che lo indicano nascosto nei luoghi più improbabili. Le stelle hanno indicato una mangiatoia, l’eclissi, una croce intrisa di sangue. Cerchiamo i segni, impariamo a leggerli alla luce di una Parola che invita ad accendere desideri, a rettificare le deviazioni prima che diventino “spirito d’infermità”. La salvezza è davanti ai popoli e ciò che permette di aderirvi, è dentro. Uscire da noi stessi significa al tempo stesso guardarci per vivere da riconciliati e guardare l’altro riconoscendolo oggetto come noi di un amore infinito: oggetto fragile e bello, oscuro e illuminato. “Conoscere la propria oscurità è il metodo migliore per affrontare le tenebre degli altri: in ogni disordine c’è un ordine segreto” (Carl Gustav Jung) Ogni ambito offre la sua chiave di lettura, la speranza di un cambiamento, di una crescita per vivere da persone libere e integre. Uscire da sé non è forse convertirsi? Vivere la storia e portarne il peso con responsabilità, non è ancora conversione? La capacità di stare nel mondo col cuore di Dio, di ascoltare persone in cammino con la propria zavorra, non è anch’esso frutto di una conversione in atto?
Si, la vita di un uomo dipende dai desideri del suo cuore: desideri che per la concupiscenza tendono a corrompersi, ma nascono come sane tensioni al bello, al buono, al vero. Conviene sempre verificare la salute dei propri desideri per diventare quel fuoco che Gesù porta sulla terra e desidera vedere acceso. E poi sarà Lui a creare il clima di incontro, sviluppo di un amore contagioso, coinvolgente, lode che si estende fino ai confini della terra e che manifesta la pienezza di giustizia nell’opera divina. È quello l’ordine segreto che sussurra continuamente dentro di noi nella speranza di essere ascoltato. Cerchiamo di restare vigilanti per offrire nutrimento a chi ne ha bisogno: forse a volte non ci rendiamo conto che lasciamo morire di fame chi ci sta accanto. Che tipo di dolore proviamo di fronte alle ferite che il male provoca? Tutti desideriamo vivere la vita come il dono più prezioso: quello che più dovrebbe starci a cuore è proprio che questa preziosità sia confermata in tutti, perché nessuna deviazione esponga ad una perdita di tempo e grazia.
“Voi siete il sale della terra? Voi siete luce del mondo? Significa avere una missione trasformante da compiere; significa che per opera del nostro sacrificio amoroso, reso efficace dalla grazia di Cristo, noi dobbiamo – per quanto possibile – rendere adeguate alla vocazione di Dio le strutture di questo mondo”. (Cfr G. La Pira – La nostra vocazione sociale)
Sr M. Daniela del Buon Pastore, O.Carm.