Proseguiamo la nostra riflessione insieme a P. Giampiero Molinari sulla risonanza dell’esperienza di S. Teresa di Gesù Bambino nel nostro percorso di vita a Cerreto. È interessante verificare la fecondità della maternità spirituale come consolazione in due direzioni: la consolazione che si riceve con la preghiera di intercessione e quella che attraverso di essa è offerta, superando confini di spazio e tempo. Ancora bambina, ella racconta: “Sentii parlare di un grande criminale che era appena stato condannato a morte per crimini orribili: tutto faceva credere che sarebbe morto impenitente. Capendo che da me stessa non potevo nulla, offrii al Buon Dio tutti i meriti infiniti di Nostro Signore. Sentivo in fondo al cuore la certezza che il mio desiderio per la sua conversione sarebbe stato esaudito; l’avrei creduto anche se non si fosse confessato e non avesse dato alcun segno di pentimento, tanto avevo fiducia nella misericordia infinita di Gesù. Gli domandavo soltanto “un segno” di pentimento per mia semplice consolazione…” (Cfr Ms A 45v-46v). La storia ci dice che S. Teresa ebbe il segno: leggendo i giornali che parlavano della vicenda di tale criminale, lesse che egli baciò tre volte il Crocifisso prima dell’esecuzione. Poter pregare per la nostra e altrui conversione, anche quando gli effetti della preghiera non si rendono palesemente visibili è già consolazione che fa vivere più pienamente il mistero di un’umanità ferita, e redenta dalla misericordia infinita.
È frequente che sacerdoti e missionari si affidino alle preghiere delle Sorelle di vita contemplativa per portare avanti nel modo più efficace possibile il loro compito. A volte richiedono l’attenzione orante di una sorella in particolare, che possa aver cura di offrire anche piccoli sacrifici allo scopo. Così accadde anche a S. Teresa, consapevole della preziosità del suo apostolato orante soprattutto per le anime dei Sacerdoti: le fu consegnata una prima lettera, scritta da un giovane seminarista che chiedeva sostegno per il suo cammino e successivamente quella di un missionario. La risposta di S. Teresa fu la seguente: “Sentivo che sotto questo aspetto la mia anima era nuova, era come se fossero state toccate per la prima volta delle corde musicali rimaste fino allora nell’oblio (Ms C 32r). Ognuna di noi, con la sua particolare sensibilità, vive qualcosa di analogo, che si estende anche oltre i confini della diocesi. È un aspetto della nostra chiamata, che sentiamo confermato nell’incoraggiamento che la Madre Addolorata ci ha lasciato come eredità: la preghiera per i peccatori e quella a sostegno di chi testimonia in modo radicale la verità della misericordia divina che apre il cuore alla speranza. È bello evidenziare un passaggio di questa esperienza, quando S. Teresa, prossima a rendere la vita a Dio, in una lettera esprime la continuità della sua missione contemplativa, per essere una consolazione sempre più profonda per tutte le anime, in special modo quelle “incontrate” durante il pellegrinaggio terreno. Ella si fa così rassicurante: “ancor più che parlarle il faticoso linguaggio della terra, sarò vicinissima, vedrò tutto ciò che le è necessario, e non lascerò in pace il buon Dio finché non m’abbia dato tutto quello che vorrò!… (Cfr LT 253). “Ah, Fratello mio, quanto poco si conoscono la bontà e l’amore misericordioso di Gesù! È vero che per gioire di questi tesori è necessario umiliarsi, riconoscere il proprio niente ed è questo che molte anime non vogliono fare (LT 261). Non posso temere un Dio che per me si è fatto così piccolo! Egli non è che amore e misericordia! (Cfr LT 266).
Un niente, il nostro, visitato dall’alto e reso partecipe del Tutto. Una missione, la nostra, descritta ancora una volta dalle parole di S. Teresa: “abbiate fede nella misericordia infinita del Buon Dio: è così grande da cancellare i più grandi misfatti, quando trova un cuore di madre che ripone in essa tutta la sua fiducia. Gesù non desidera la morte del peccatore, ma che egli si converta e viva in eterno”. (Pr 6)

Sr M. Daniela Del Buon Pastore, O.Carm.