Celle che attendono
per liberare prigionieri, spazi di cielo.
Celle in cui si produce la vita,
miele di dolcezza infinita…
Nelle cose create, Dio testimonia se stesso agli uomini; la sua bellezza, l’infinita varietà di forme e colori che danno vita e allargano il cuore. Anche la pastorella Veronica contemplava il creato con questa apertura ai doni di Dio; “Dalla contemplazione del creato era perennemente mossa a celebrare le lodi del Padre Supremo e questo emozionava profondamente i suoi interlocutori”.
Non è un’esperienza distante da quella che i carmelitani vivono da secoli.
Alcune pagine di un antico scritto sembrano descrivere il quotidiano della nostra comunità “stretta” intorno al santuario, ma immersa in una dimensione spirituale e naturale che richiama la dilatazione del cuore e della missione.
“I primi carmelitani, uniti e cementati da un amore sincero…. nelle loro celle si preoccupavano di meditare la Parola del Signore e di vegliare in preghiera, spinti dalla gioia spirituale. Nella solitudine tutte le cose create ci aiutano felicemente.
Il firmamento, adornato mirabilmente con l’ordine stupendo dei pianeti e delle stelle, ci invita e ci attrae, per mezzo della sua bellezza, ad ammirare realtà superiori. Gli uccelli dolcemente modulano la soave melodia del canto per la nostra consolazione. Anche i monti secondo la profezia di Isaia, stillano per noi una dolcezza meravigliosa… quando salmeggiamo la lode del Creatore, i monti che ci circondano e che sono i nostri fratelli conventuali, percuotono armoniosamente la propria lira e cantano i loro versi al cielo e con noi intonano, in una medesima voce, il canto di lode al Signore”. (Cfr Ignea Sagitta – Nicolò Gallico).
Un viaggio, una partenza dalla creazione per presentare la vocazione dell’uomo alla pienezza dell’amicizia con Dio… stupore della contemplazione… non c’è luogo dove Egli non si possa incontrare… e nel quale non possa avvenire la trasformazione in Colui verso cui il nostro sguardo è orientato. Sguardo di ricercatori assetati.
Pellegrini della Parola, pellegrini dello sguardo contemplativo, pellegrini che si muovono di fiore in fiore, per gustare fino in fondo il nettare che sarà un giorno, miele di contemplazione…
Così sono stati descritti i carmelitani: api operose che raccolgono nettare e nell’alveare composto di piccole celle, una accanto all’altra, producono, come in piccoli laboratori spirituali, il miele della contemplazione. E incoraggiano a produrne, cercando di indicare la bellezza della “cella interiore”. Anche Veronica, “piccola ape del Signore”, definì la sua cella interiore perché, custodita dalla preghiera, la sua esperienza potesse mellificare per tutti noi, nell’alveare che la attendeva: il monastero delle clarisse di Ischia di Castro.
L’uomo in cammino non è distratto ricercatore di piacere o di avventura: le condizioni del viaggio sostengono questo suo proposito e lo orientano alla sintonia con il progetto di Dio. L’ armonia interiore è già mellificazione, è già incontro tra umano e divino nella cella interiore che libera dall’amarezza il cuore…